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Queste sono state le mie esperienze all’Experiential Training Barcamp 2014

Si è conclusa venerdì la 5^ edizione del Experiential Training Barcamp tenutasi nella Comunità S.Francesco a Monselice in provincia di Padova e in questo post condivido la mia personale esperienza e le mie riflessioni.

Experential Training Barcamp-5

Che cosa è un Barcamp ?

Un barcamp è una “non conferenza” in cui vige un’atmosfera non formale di condivisione e confronto. In particolare questo barcamp era suddiviso in diverse aree, in gergo “Corner” (dall’inglese angolo), dove uno o più formatori facevano provare ai partecipanti sessioni di formazione esperienziale.

Che cosa è il Training esperenziale ?

La formazione esperienziale si distingue dalla formazione d’aula per la sua forte componente esperienziale (i partecipanti devono fare qualcosa attivamente) ed essa può avvenire sia al chiuso, che all’aperto.

Ciò che crea il valore aggiunto in una formazione esperienziale è la riflessione che avviene alla fine.

La mia esperienza

All’ETB5 (questo è l’hashtag dell’evento) ho incontrato persone con obiettivi diversi:

  1. chi voleva fare delle esperienze “esperienziali” (una minoranza)
  2. formatori e facilitatori che volevano imparare nuovi strumenti o tecniche da altri formatori (la maggioranza)
  3. formatori che volevano farsi conoscere
Il mio obiettivo principale era il primo: fare delle esperienze e per questo ho adottato un’atteggiamento di “playing full out“, cioè di mettermi completamente in gioco (cosa che in un’occasione non è stata accolta favorevolemente 🙂  ). L’effetto collaterale piacevole è che comunque mi sono portato a casa anch’io degli strumenti utili per quello che faccio con gli altri.
Passiamo al dettaglio delle mini-esperienze  a cui ho partecipato, “mini” perchè la durata di ciascuna sessione era di solo 1 ora e 1 quarto. Per alcuni workshop questo tempo era sufficiente a far vivere un’esperienza completa e a far arrivare un messaggio completo, per altri non poteva che essere che un piccolissimo “assaggio”, un esperienza parziale.

L’importanza di essere RESPIRO

Il primo “Corner” a cui ho partecipato è stato quello di Mascia Selmo e Fabrizio Enea che ci hanno guidati in una sessione di respiro consapevole.
Ci siamo distesi su dei materassini e abbiamo iniziato a respirare come Mascia e Fabrizio ci hanno indicato di fare, mentre nella stanza echeggiava della musica. Complice il fatto che faccio spesso dei rilassamenti dinamici e autoipnosi, sono andato in uno stato MOLTO profondo. Ho perso la cognizione del tempo (l’ora è volata). Ho provato sensazioni ed emozioni molto intense.
Il primo bisogno che ho provato, è stato quello di lasciare andare.
Poi sentivo continuamente una voce dentro di me che diceva “Io mi fido di me
Ho imparato che se non mi sento sicuro, basta che io mi concentri sul mio respiro e che appoggi una mano sul cuore. Tutti noi abbiamo bisogno di avere un “posto sicuro” dove potersi rifugiare, quando ci sentiamo in “pericolo”, respirare e mettermi una mano sul cuore è diventato il mio nuovo posto sicuro.
In seguito è venuto fuori il mio forte desiderio di connettermi con altre persone e di condividere con loro le mie esperienze (ci sarà un motivo perchè scrivo su questo blog dal 2006 😉  ).
Poi mi sono reso conto, sentendolo anche fisicamente nel mio corpo (come mi era già successo in un’altra esperienza), di quanta energia ho, di quanto enorme sia il mio potenziale.
Ho capito che se mi sento di fare una cosa, è giusto che io la faccia. Voglio tirare fuori di più il coraggio, voglio sviluppare di più il mio intuito e di avere più coraggio a seguirlo.
Mi sono reso conto che siamo come degli iceberg: ciò che accade fuori di noi è la punta dell’iceberg, fuori dall’acqua emerge soltanto una piccola parte di questo enorme ammasso di ghiaccio. La parte più grande si trova sotto acqua.
La parte esterna viene lambita dai nostri pensieri logici, dalla nostra parte razionale. Questo “vento” cerca di spostare l’intero iceberg facendo “vela” sulla piccola punta che emerge dall’acqua. Sotto acqua invece agiscono le “correnti marine” formate dalle nostre emozioni che spingono l’enorme parte immersa dell’iceberg (che rappresenta il nostro inconscio).
Secondo te quale delle 2 forze riesce sempre a spostare l’iceberg ?
Mi sono convinto quindi che se io voglio operare dei cambiamenti profondi su me stesso, devo lavorare a livello profondo e la stessa cosa vale, se io voglio aiutare qualcun altro ad attuare un cambiamento profondo.
ATTENZIONE però, voglio farti 2 raccomandazioni:
  1. NON provare a fare una cosa del genere SENZA qualcuno che ti assista e ti guidi !
    Io ci ho messo un bel pò prima di essere tornato completamente di nuovo nel qui ed ora della realtà esterna.
  2. NON mi sento di consigliare pratiche di questo tipo: mettere le mani sul nostro inconscio è una cosa MOOOOLTO delicata. Non sto giudicando la preparazione delle persone che mi hanno guidato, la mia è una riflessione sul metodo in sè: esso va ad agire su quella parte sommersa e potente dell’iceberg. Documentati in modo approfondito PRIMA di fare le tue scelte e prendi delle decisioni in modo molto consapevole, non delegare questa scelta a qualcun altro.

La facilitazione visuale nelle fasi di Riflessione

Dopo il primo corner ero convinto di passare a quello sulla Leadership assieme ai cavalli, ma non avevo consultato bene il programma (troppi i workshop e troppi quelli interessanti, già riuscire a scegliere ed incastrarli, costituisce un’esperienza prima dell’esperienza 🙂 ). Dalla concomitanza dei fatti che ci ho messo una vita a ritornare dal mio viaggio interiore e che il corner del Respiro si trovava a qualche centinaio di metri fuori dalla Comunità S. Francesco, sono arrivato nel luogo degli altri workshops, quando ormai tutte le attività erano cominciate. Ho deciso allora di aggregarmi al workshop di Luigi Mengato, che stava facendo fare una variante di un’esperienza, che proprio Luigi stesso ha fatto fare a me e ai miei colleghi in azienda 3 anni fa.

Lo scopo del gioco era raccogliere degli oggetti da terra ed appoggiarli su un tavolino, che era in equilibrio instabile, il tutto con una particolare “lenza” sostenuto e guidata da tanti fili, quanti erano i partecipanti all’esperienza.

ebt

L’essere arrivato a gioco iniziato e il pensare diversamente dal gruppo (ma soprattutto l’averlo anche esternato), ha suscitato reazioni contrastanti nel gruppo (e qua ci sono vari spunti di riflessione, per chi ha voglia di approfondire ed elaborare 😉  )

Luigi Mengato aveva lasciato al gruppo la scelta di autodefinire quale fosse l’obiettivo mediante il quale si potesse definire la prova superata. Il gruppo ha scelto che bastavano 3 pezzi su un totale a disposizione di 6 (se ricordo bene). A me personalmente ha colpito il fatto che il gruppo avesse scelto un obiettivo così conservativo, infatti una volta che l’avevamo raggiunto (e ci erano avanzati 7 minuti di tempo), mi è venuto spontaneo proporre di continuare, perchè ero curioso di scoprire il limite, di capire se e in quali condizioni il tavolino si sarebbe rovesciato, scoprire in cosa avremmo sbagliato.

Ho colto che era diffusa la paura di fallire e la delusione nel caso fossimo andati avanti e poi avessimo fatto cadere gli oggetti.

Ma chi se ne frega ? 🙂

Io voglio scoprire i miei limiti e se non vado oltre i limiti, non capisco dove essi sono.

Se non commetto errori, non cresco. E se non accetto di commettere errori in “ambienti sicuri” (come in questo gioco), figuriamoci se lo faccio fuori nella “vita reale”.

Alla fine ha preso il sopravvento nel gruppo l’idea che “era meglio riservare il massimo tempo possibile per il debriefing, piuttosto che esplorare i nostri limiti con la lenza”.

Nel debriefing Luigi ci ha introdotto come si fa una timeline visuale:

Luigi Mengato spiega la Timeline visuale

 

e, da buon facilitatore esperienziale, Luigi l’ha fatta fare a noi 😉

Timeline in Progress 2

 

Timeline in Progress 1

 

E questo è stato il risultato: la NOSTRA Timeline visuale !

La NOSTRA Timeline visuale

 

Ma perchè fare una timeline visuale ?

Perchè, come accennato nell’introduzione al post, ciò che crea il valore aggiunto in una formazione esperienziale è la riflessione che avviene alla fine: se non avviene una riflessione in cui avviene un’estrazione di un concetto e la trasposizione fuori dalla metafora di quell’esperienza per proiettarla in una propria futura esperienza, l’esperienza fatta nel workshop rimane soltanto un momento di svago.

Cosa mi sono portato a casa dall’esperienza di questo Corner ?

A parte qualche dettaglio riguardante lo strumento della Timeline visuale (che per me non era nuova, avendo già partecipato a dei workshop di Luigi), mi ha colpito constatare:

  1. come un singolo gesto che io faccio (e magari nemmeno ricordo di aver fatto), possa creare un’emozione in un’altra persona
  2. di come lo stesso evento viene vissuto e percepito in tanti modi diversi, quante sono le persone coinvolte
  3. quante volte siamo guidati dalla paura di fallire e questo impedisce di esprimere tutto il nostro potenziale. Questo aspetto l’ho colto sia nelle decisioni che ha preso il gruppo, sia da alcune domande poste durante il debriefing
  4. che vogliamo fare le cose “buona alla prima” e quanto questo ci blocchi iniziare a fare (potrebbe essere più efficace iniziare a fare e raccogliere subito dei feedbacks e correggere in corso d’opera in basi proprio ai feedbacks ottenuti ?)
  5. quanto spesso venga ignorata completamente la risorsa tempo 
  6. quanto spesso facciamo delle attività, senza avere chiaro quale sia il nostro obiettivo personale, (ok, dobbiamo appoggiare degli oggetti su un tavolino, ma voglio raggiungere l’obiettivo o scoprire quale sia il limite ? Voglio fare un’esperienza o imparare una tecnica ? Voglio confrontarmi per imparare o per avere ragione ? etc)

Il non avere chiaro il nostro obiettivo e non avere sotto controllo la risorsa tempo, (più la prima che la seconda) rischia di renderci totalmente inefficaci.

L’arte del domandare come strumento del facilitatore

Dopo un pranzo all’ombra e al fresco degli alberi e alcune piacevoli chiacchierate, mi sono spostato al Corner di Beatrice Monticelli all’ombra dell’Albero delle Domande.

L'Albero delle Domande

Beatrice ci ha fatto prima una brevissima introduzione su come Socrate e Platone usassero le domande e poi ci ha esposto il pensiero di Gadamer, secondo il quale le domande dividono.

Ma tra cosa e cosa ?

Tra ciò che sappiamo e ciò che NON sappiamo

Tra quelle che sono le alternative a nostra disposizione

Tra cosa altro ?    (lascio a te rispondere a questa domanda)

 

Beatrice poi ci ha invitati a muoverci sotto l’Albero delle Domande per riflettere sulle domande che vi erano appese. Tutte molto semplici, ma nello stesso tempo profonde, come per esempio: Se potessi parlare liberamente, con chi lo farei e cosa gli direi ?

Di quest’ultima mi ha colpito che – ancora una volta – è la paura ad impedirci di  vivere fino in fondo le nostre relazioni.

Sotto all'Albero delle Domande

Il passo successivo è stato un piccolo gioco che abbiamo fatto insieme: ognuno poteva SOLO fare domande. Niente affermazioni, solo domande.

Beh, non hai idea di quanto sia difficile NON rispondere e di fare altre domande… ! 🙂

Alcune domande erano veramente profonde e mi lasciavano senza risposta, altre domande generavano altre domande di approfondimento (deformazione professionale da coach 😉  ), altre ancora erano risposte riformulate sotto forma di domanda retorica.

Questo gioco mi ha fatto capire che – per me – è enormemente difficile non esprimere il mio punto di vista e rispondere con un’ulteriore domanda e che man mano che andavo avanti nel gioco e continuavo a fare domande, questa “pressione” del mio ego si è affievolita e ho iniziato ad ascoltare di più.

Body music Body percussion – METODO BAPNE

Alla fine del Workshop delle Domande, durante la pausa della frutta fresca, stavo chiacchierando con altri 2 partecipanti al Barcamp e gli ho chiesto cosa gli fosse piaciuto. Mi hanno risposto la Body percussion e siccome l’ho sentita nominare diverse volte nelle ore precedenti, gli ho chiesto di darmi una dimostrazione pratica.

Movimento del corpo, Gioco e Musica.

WOW: 3 elementi che mi piacciono tantissimo e che reputo vitali (non riuscirei ad immaginare una vita felice senza uno di questi 3 elementi), perciò ho seguito il mio istinto e ho cambiato al volo il mio programma e mi sono infilato all’ultimo minuto in questo Corner e… ho fatto bene !

Tiziana Pozzo è un bello spirito: estremamente preparata in quello che fa e trasmette passione ed allegria.

Ad un osservatore esterno potrebbe sembrare che, nel pochissimo tempo che abbiamo avuto a disposizione, abbiamo esplorato alcuni modi di come fare musica con il nostro corpo, ma in pratica abbiamo scaraventato fuori dalla nostra zona di comfort il nostro cervello, attivandone un sacco di aree diverse contemporaneamente. Infatti muovendoci e facendo musica percuotendo il nostro corpo abbiamo dovuto anche:

  1. imparare a memoria una canzone nuova
  2. usare frasi in 4 lingue straniere
  3. seguire dei comandi spaziali
  4. giocare con in numeri

e in tutto questo, continuare a tenere il ritmo 😉

Ecco, se non fosse stato tutto in un contesto giocoso (e Tiziana è bravissima a tenere questo setting), molte persone avrebbero abbandonato e sarebbero ritornate al centro della propria zona di comfort.

Body Percussion con Tiziana Pozzo

Mi sono portato a casa la scoperta di nuovi modi per uscire dalla mia zona di comfort e nuovi modi di stimolare i diversi tipi di intelligenza mia e di mia figlia (ovviamente ho sperimentato e giocato subito con la body percussion con lei 🙂  )

Intravvedo nel metodo BAPNE un potenziale enorme a livello terapeutico per i bambini con difficoltà di dislessia e negli anziani affetti da malattie degenerative (Parkinson, Alzheimer, Demenza senile).

Riflessioni conclusive

Mi sono divertito un mondo !

cerchio

e ho capito o avuto conferma su alcune cose importanti per me. In primis sul metodo formativo esperienziale: mi piace un sacco come partecipante, lo trovo molto utile per lavorare sui gruppi (infatti continuerò ad utilizzarlo nell’azienda in cui lavoro e quando sono con bambini), ma a me piace un pò di più il lavoro 1 a 1, perchè ritengo che in questo modo possa aiutare in modo più specifico, più personalizzato il mio Cliente.

A livello personale ho capito che voglio continuare ad affrontare le mie paure, tirare fuori il coraggio, ricordandomi che ho un potenziale e un energia enorme e che posso sempre tornare in un posto sicuro dentro di me.

Beatrice mi ha ricordato una frase di Socrate, che risuona in me:

Una vita senza ricerca, non è degna di essere vissuta – Socrate

ed io aggiungo:

Ogni volta che una persona desidera VERAMENTE qualcosa e NON agisce per ottenerla, una parte di sè muore.

UN grosso GRAZIE va a Fòrema, il Cubo Rosso, la Comunità di S. Francesco (che ci ha ospitato), Luigi Mengato  e, per l’impeccabile organizzazione, a Giada Marafon !

Leggi anche il mio resoconto dell’edizione 2015 dell’Experiential Training Barcamp !

9 Commenti

  1. Alexander, grazie per questo stralcio della tua esperienza all’experiential training barcamp05. La leggerezza con cui ti sei raccontato, mi ha ricordato ancora una volta che è nella scelta coraggiosa di vivere i nostri bisogni e rispondere alle nostre domande che affrontiamo le nostre paure. Grazie!

    • Non è stato (ed è ancora) un percorso facile per me parlare così apertamente dei miei bisogni e delle mie paure (non poco tempo fa speravo che chi mi conosceva di persona NON sapesse di questo blog), ma pian piano sto lasciando andare queste paure del giudizio altrui. Fa parte del percorso che devo fare, fa parte (come hai notato tu) della necessità di affermare e vivere i miei bisogni. Se non lo faccio, mi viene mancare l’aria, se non lo faccio una parte di me muore. Per le persone che mi giudicano, inizio a pensare sempre più spesso che ad esternare ciò che penso ed ad essere chi sono in realtà, gettando le maschere, farò allontanare automaticamente le persone che non sono in sintonia con chi sono, ma in compenso si faranno avanti quelle che lo sono.
      Un’altro dei motivi per cui sono stato bene al Barcamp è che ho trovato alcune persone stimolanti, curiose, positive ed appassionate.
      Grazie Beatrice, per essere una di queste.

  2. Ciao Alexander,
    la tua partecipazione al mio corner è stata importante: come hai notato ha “destrutturato” alcuni equilibri che il gruppo aveva già creato in una veloce fase di Forming ….
    Direi che il prossimo anno uno dei corner lo dovresti tenere tu … come formatore intendo !

    • Ciao Luigi,

      grazie per il lusinghiero invito, ti confesso che sono un pò incerto: sento più nelle mie corde il lavoro 1 a 1, mi sento più coach che facilitatore esperienziale. Attualmente mi manca proprio l’esperienza da facilitatore esperienziale e se dovessi fare un corner, mi piacerebbe fare qualcosa di “mio”: attualmente non saprei proprio cosa fare, ma in 12 mesi potrebbero succedere un sacco di cose e il fatto che il pensiero di farlo mi scatena una fifa tanta, potrebbe essere anche una buona idea per farlo 😉
      Ogni volta che incrocio il tuo cammino, mi diverto e imparo qualcosa 🙂
      Ci vediamo presto ! 😉

  3. Bellissimo racconto della tua esperienza, si tratta effettivamente di momenti che ti fanno crescere e non vanno persi assolutamente. Del metodo BAPNE ne avevo sentito parlare nel blog di Albert Hera ma combinazione ne ho quasi saputo più da te … nel tempo libero coltivo la passione del canto corale e trovo che sia una cosa altamente educativa. Grazie mille !!!

    • Il metodo BAPNE mi è piaciuto un sacco: il fatto che stimola diverse aree del cervello, diversi tipi di intelligenze combinato al sano divertimento (muoversi, cantare e ridere in compagnia) è stata una bellissima esperienza per me.

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